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Storia della Farmoplant

DI RIZZO SOPHIE, RICCI ALESSIO, PAOLINI OMAR E ANDREONI LORENZO

L’obiettivo del nostro progetto è di ricostruire la storia della Farmoplant di Massa-Carrara. Lo stabilimento era una fabbrica per la produzione di fitofarmaci di proprietà del gruppo Montedison. La presenza sul territorio di un’azienda chimica come la Farmoplant ha creato una serie di problemi la cui discussione costituisce una parte integrante della ricostruzione della sua storia. Una storia che racconta di come la salute non sia stata posta al centro del dibattito sul futuro del territorio se non in tempi recenti.    La creazione della Zona Industriale Apuana (Z.I.A.) avvenne con il decreto legge n° 1266 del 24 Luglio 1938 quando il regime fascista decise di investire in una nuova zona industriale per rispondere alla profonda crisi nel settore marmifero. La costituzione della Z.I.A. assunse così i connotati di un’opera di soccorso sociale.      Negli anni ’70 la Montedison era molto diffusa e vedeva in Italia la propria produzione diversificata in numerosi settori, in particolare a Massa si trovavano la Montedison Marmi, la Montedison-Carburo e la Montedison-Azoto.Successivamente, Eugenio Cefis, presidente del gruppo Montedison, introdusse la specializzazione chimica che trasformò il territorio massesein un laboratorio per la produzione della chimica del futuro.                                    Fu a seguito di questo cambiamento che si iniziò a parlare dei primi problemi riguardanti la sicurezza dell’ambiente.                                                                                                                                                                                          Il 7 Gennaio 1978 il reparto formulati liquidi della Montedison di Massa fu investito da una grande deflagrazione derivante dai contenitori delle camere calde che esplosero una dopo l’altra causando ingenti danni al capannone. L’opinione pubblica, a seguito di questo episodio, iniziò a porsi interrogativi sulle sostanze che l’azienda aveva dichiarato presenti nella struttura.                                                                                                                                Nel 1980 avvenne un secondo incidente: la vigilanza Montedison si accorse di un incendio divampato nel magazzino. Questo caso portò a pesanti accuse contro l’azienda, soprattutto per i loro metodi lavorativi e la sicurezza dei dipendenti, a cui fu ordinata la sospensione di qualsiasi attività e lo smantellamento. Tuttavia, la direzione aziendale della Montedison lottò per la riapertura riuscendo ad arrivare ad un accordo con il Comune di Massa, secondo il quale fu permessa la riapertura di 22 impianti, ma non delle strutture ancora sotto sequestro e degli impianti ritenuti più a rischio.                                                                                                                                                      La ditta dopo varie chiusure prese il nome di Farmoplant, un’azienda sussidiaria della Montedison. L’anno seguente ci furono discussioni molto accese tra le famiglie di Massa riguardo la riapertura. Al dibattito sulla questione ambientale si unirono ben presto anche organizzazioni come il WWF, le  ACLI e Legambiente. Questa situazione si prolungò fino al 1984 quando la Farmoplant venne accusata di aver bruciato migliaia di tonnellate di rifiuti chimici rilasciando nell’ambiente sostanzeinquinanti. Questo portò nel 1985 a un referendum per la chiusura dell’azienda in tutela dell’ambiente.Il risultato ottenuto fu solo quello di far mettere l’impianto in una lista di strutture ad “alto rischio”.                                                                                                                                                                  Tra il 1985 e il 1986 venne lanciato il progetto “Massa” come rilancio delle attività dello stabilimento tramite la sua ristrutturazione, con promesse sulla sicurezza ambientale e l’utilizzo di sostanze chimiche non nocive. Il fallimento del progetto aprì la strada ad un secondo referendum per la chiusura che fu subito approvata. Tuttavia, nel 1988, seppur per un breve periodo, la Farmoplant riuscì a riaprire. Nello stesso anno, infatti,  ci fu l’ultimo grande incidente considerato uno dei più gravi disastri ambientali nel Centro Italia. Domenica 17 Luglio,alle ore 06:10, esplose il serbatoio dell’impianto di produzione di fitofarmaci le cui nubi, risultate tossiche, si espansero per un raggio di circa 2000 km ricoprendo Marina di Massa, Marina di Carrara e Versilia, inquinando il terreno, l’aria e le falde.  

       La società avviò subito i procedimenti di bonifica del suolo mentre le sostanze non smaltibili vennero incenerite in appositi forni con un’ulteriore produzione di fumi nocivi.                                                                                        Vennero fatte continue analisi nei successivi 21 anni, mentre i lotti della Farmoplant furono venduti ad altre società. Durante alcuni lavori e scavi vennero trovati residui di scorie inquinanti successivamente confiscati e bonificati.Ormai  a 30 anni dall’esplosione le bonifiche effettuate dalla Farmoplant hanno portato, secondo alcune analisi, ad un miglioramento solo del 5%. Possiamo tranquillamente concludere che ci troviamo ancora oggi in un territorio devastato da un’esperienza industriale ad alto rischio e segnata da danni ambientali irrisisolti.

Fonti: Libro “Figli della Farmoplant” di Simone Ortori: http://www.doppiavoce.com/scienzae/2018/agosto-2018/143-farmoplant-trent-anni-e-non-li-dimostrahttp://www.voceapuana.com/mobile/massa-carrara/attualita/farmoplant-dopo-30-anni-bonificato-solo-il-5-dell-area-11206.aspx

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